Liliana Caso è una di quelle figure che, ogni tanto, il mondo dell’arte contemporanea ci regala , capaci di catturare la nostra attenzione, non solo per la loro maestria tecnica, ma anche per la profondità emotiva e concettuale che permea le loro opere. La pittrice ha operato prevalentemente dentro quel fermento artistico che, nella città di Sassari, a metà del xx secolo, ha visto due scuole di pensiero, altrettanto vitali, a confronto : la scuola della figurazione e quella della non figurazione presenti in una Sassari, ricca di gallerie d’arte , crocevia di idee e ispirazioni per gli artisti locali e nazionali.
In questo contesto, con un bagaglio culturale ed un linguaggio pittorico proprio, l’artista si muoveva all’interno di ciò che affettuosamente potremo definire la “Bohème sassarese”: un’atmosfera vibrante e creativa che accoglieva artisti come Libero Meledina, Costantino Spada, Liliana Cano, Tore Canu, Pietro Antonio Manca, Ausonio Tanda e molti altri. Questi artisti incarnavano l’essenza della figurazione e qualche volta innescavano, con la parte avversa, polemiche relative al valore dei linguaggi ( vedi le diatribe fra Pietro Antonio Manca e Mauro Manca sul quotidiano locale) .
Dall’altro lato, c’era la rivoluzione guidata da Mauro Manca chiamatoa dirigere l’Istituto d’Arte di Sassari. Qui, un gruppo di artisti visionari raggruppati in una piccola Bauhaus cittadina, abbracciava una prospettiva innovativa, alla quale aderirono Nino Dore, Bruno Contieri, Aldo Contini, Augusto Oppo, Mario Bazzoni, Paolo Bullitta, Giovanna Secchi, Zaza Calzia, Giuliana Fanelli, Gaetano Pinna, Antonio Atza, Gavino Tilocca, Maria Lauro, Paola Dessy, Ninni Masia, Angelino Fiori, Salvatore Coradduzza tutti protagonisti, con Manca, di questa nuova ondata di creatività.
Liliana Cano, arricchita dalle esperienze e dai soggiorni all’estero ha affinato, nel corso degli anni, il suo linguaggio che si evidenzia attraverso una notevole capacità della gestione del campo e del segno pittorico. Questi elementi sono distintivi della sua espressività sempre in connessione sincronica con il mondo che la circonda.
La sua poetica ricorre anche ad altre fonti che spaziano dalla letteratura classica alla religione. Questi temi si intrecciano armoniosamente nella sua opera nel conferirle una profondità ed una complessità che vanno al di là della semplice rappresentazione visiva. La sua capacità di fondere tradizione e contemporaneità affonda le sue radici nella rilettura pittorica di quel primitivismo, proprio delle avanguardie che, alla ricerca di una più autentica e spontanea libertà espressiva e in esplicita polemica anticlassica e antiaccademica, cercano in un ritrovato rapporto con la tradizione figurativa una rappresentazione della realtà non più passivamente imitata ma intellettualmente rielaborata attraverso richiami letterari e filosofici in forme tradizionali classiche (classicismo novecentesco) o proprie del primitivismo tre-quattrocentesco, reinterpretato in chiave moderna e personale.
All’interno delle sue opere, si avverte una profonda conoscenza della storia dell’arte dove, in una fusione armoniosa di tradizione e innovazione, Liliana Cano dà vita a un universo visivo unico e coinvolgente, in cui antiche mitologie e simboli si mescolano con esperienze e riflessioni personali. Le sue opere diventano delle vere e proprie narrazioni visive, in cui passato e presente si fondono, racconto di una storia che parla direttamente dal e al nostro tempo. In questo clima l’opera di Liliana Cano si evolve dentro un percorso sapiente che la porta, a pieno titolo, ad occupare un posto di rilievo nella contemporaneità.