Giuseppe
Cristofaro, docente di Letteratura per l’infanzia presso
l’Università dell’Aquila e membro del nostro Comitato Scientifico ci
ha lasciati per sempre ieri 4 gennaio 2019. Con lui CREDICI ha perso
un prezioso supporto culturale.
Gli dobbiamo molto per il suo
impegno nell’attività di orientamento agli studenti universitari e
ai laureati, per i quali ha messo a disposizione , sempre
disinteressatamente, per il tramite di CREDICI la sua notevole
esperienza e la sua innata cordialità.
Come dimenticare la
straordinaria serenità con cui , soltanto qualche settimana fa, poco
prima di Natale, Peppino ha gestito, nella sua aula dell’Università
dell’Aquila, il convegno di presentazione del testo “Fabrizio
Ravaglioli. Un pedagogista contro vento”. Si mostrava addirittura
pimpante ed entusiasta della presenza di colleghi ed amici di vecchia
data . Entusiasmo trasmesso, per l’occasione, alle sue studentesse
con un discorso introduttivo teso a stimolare approfondimenti e
riflessioni sulla difficile personalità di Ravaglioli, grande
pedagogista e filosofo da lui conosciuto e stimato.
Un discorso
di .. prospettiva per la generazione che lo ascoltava (forse poco
consapevole della difficoltà che il loro professore avrebbe avuto ad
esserne partecipe). Oggi l’invito di Peppino (quanta ingenua ilarità
ha suscitato il mio confidenziale “Peppino” nei suoi ragazzi!)
acquista una valenza particolare. Alle studentesse e agli studenti,
come al pubblico più adulto della sessione pomeridiana dello stesso
Convegno tenutasi nel pomeriggio dello stesso giorno (11 dicembre
2018), il professore Giuseppe Cristofaro ha lanciato un messaggio, il
suo pregnante testamento educativo e didattico : “LASCIATE FUORI
DALL’AULA I VOSTRI PROBLEMI PERSONALI E OFFRITE TUTTO IL VOSTRO
SAPERE A CHI VI ASCOLTA.
Peppino ha messo da parte il peso grave
del suo male e ci ha offerto per l’ennesima volta con rara dignità
la profondità del suo altruismo.
Pierluigi
Palmieri
Presidente CREDICI
Per Peppino Cristofaro
da parte di Raniero Regni*
“Non
doveva succedere”, è questa la dolente reazione che, almeno per un
attimo, ci viene alle labbra di fronte alla morte degli altri. La
fitta che sentiamo allora è il dolore per l’abisso fra l’essere
e il dover essere. Anche per chi crede in una vita oltre la morte, lo
stappo è crudele e il morso della partenza fa male.
Caro
Peppino, sapevo della tua malattia ma non pensavo ad un esito fatale
così rapido. Tu ci hai ingannati quando, poco prima delle feste
natalizie, hai generosamente organizzato nella tua Università la
presentazione del libro in memoria del nostro comune maestro,
Fabrizio Ravaglioli che, a ben vedere, è stato anche colui che ci ha
fatto conoscere, tanti anni fa, nei luminosi convegni di fine estate
nella ridente Villalago.
Hai celato, con la gentilezza e
la generosità che ti contraddistinguevano sempre, la tua sofferenza
e il mio ultimo ricordo di te, e forse anche il primo, è il tuo
sorriso empatico. Sì, perché la tua formazione psicologica aveva
raffinato la tua innata capacità di ascolto e l’umana simpatia che
trasmettevi. Su queste doti hai poi costruito la tua vocazione
pedagogica che emergeva puntuale nelle tue conferenze.
Ma
il possibile è più del reale, e il visibile non esaurisce tutto
l’esistente. Oltre l’esperienza e la ragione c’è
l’Incondizionato, l’immenso nome di Dio. Quello che rimane è
l’anima e il ricordo, il bene fatto e la speranza in quella
“compresenza dei morti e dei viventi” a cui anelava un grande
filosofo e pedagogista, che forse anche tu apprezzavi, come Aldo
Capitini. Ed è nella luce di questa speranza che ti saluto insieme
ai tuoi familiari e a tutti coloro che ti hanno voluto bene. Come
dicevano i latini: ti sia lieve la terra.
*Presidente del Comitato scientifico CREDICI – Docente LUMSA